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Il papato, l’impero e i comuni

Nel corso dell’XI secolo, l’intreccio tra ambito religioso e ambito politico si fece sempre più stretto, determinando il deciso degrado delle istituzioni ecclesiastiche. Gli ecclesiastici, infatti, venivano scelti per ricoprire la carica vescovile non per le loro qualità religiose, bensì per le loro capacità politiche, subendo accuse di indegnità religiosa. Alcuni fenomeni, quali il nicolaismo (la presenza nel clero di preti sposati) e la simonìa (la compravendita di cariche ecclesiastiche), furono duramente puniti dagli imperatori del Sacro Romano Impero Enrico II ed Enrico III.

 

 

Parallelamente nacque la Lotta per le investiture, a seguito delle nuove idee per rafforzare il ruolo del papa e sottrarre sacralità alla figura dell’Imperatore. Essa riguardava la possibilità, per gli imperatori, di eleggere i propri vescovi ed ebbe due protagonisti principali: Enrico IV, salito al trono nel 1056, e papa Gregorio VII, diventato sommo pontefice nel 1073.

 

 

Nel 1075, Gregorio VII annullò tutte le cariche ottenute dai vescovi ad opera degli imperatori, rendendo l’autorità pontificia l’unica in grado di amministrare la Chiesa. La scomunica di Enrico IV, tuttavia, non pose fine alla controversia, che terminò nel 1122 con il Concordato di Worms tra papa Callisto II ed Enrico V, secondo cui soltanto gli ecclesiastici e i popoli delle singole città potevano eleggere vescovi e abati.

 

 

La lotta per le investiture si inserì anche all’interno delle città, determinando la nascita di un nuovo ordinamento politico: il comune, basato sul consolato, ovvero su di un’assemblea collegiale con un numero variabile di membri (da 2 a 24). Tra i primi comuni vi furono Pisa e Lucca (1085), Asti (1095), Bergamo (1098), Cremona (1112) e Bologna (1123). I comuni, approfittando della debolezza dell’Impero e dell’indebolimento dell’autorità vescovile, acquisirono una serie di poteri pubblici quali l’amministrazione della giustizia, il prelievo fiscale, il controllo dei mercati e della zecca.

 

 

Nacquero così città più forti (come Milano), volte a conquistare i territori circostanti. Proprio per far fronte a questa emergenza, alcune città lombarde chiesero aiuto a Federico Barbarossa, imperatore di Germania, che scese in Italia nel 1154. Quattro anni più tardi, nel 1158, egli convocò a Roncaglia una dieta (grande assemblea), emanando la constitutio de regalibus che definiva i poteri dell’autorità regia, le cosiddette “regalìe”.

 

 

I comuni, pur rispettando l’autorità imperiale, rifiutavano tuttavia di essere controllati dai delegati imperiali in ambito amministrativo, fiscale e militare, rivendicando così il proprio diritto all’autogoverno. In particolare, i comuni ribelli costituirono la “lega lombarda”, un’alleanza stretta a Pontida nel 1167 e appoggiata da Papa Alessandro III.

 

 

Dopo una serie di scontri, la battaglia decisiva avvenne a Legnano, presso Milano, nel 1176, dove la lega sconfisse l’esercito imperiale. Dopo ulteriori scontri armati, trattative e armistizi provvisori, la “lega lombarda” e l’imperatore Federico raggiunsero un accordo definitivo: la pace di Costanza nel 1183 che prevedeva che tutti i comuni firmatari potessero esercitare le regalìe in cambio del riconoscimento formale dell’autorità imperiale.  

 

 

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