Published 02/03/2021
Il 5 marzo 2022 marca il centenario dalla nascita di Pier Paolo Pasolini. Ripercorriamo la sua vita.
Pier Paolo Pasolini (Bologna, 5 marzo 1922 – Roma, 2 novembre 1975) poeta, scrittore, regista, sceneggiatore, drammaturgo ed editorialista, è considerato uno dei maggiori artisti e intellettuali italiani del XX secolo. Nel corso della sua carriera di scrittore e regista, Pasolini si è concentrato sulle figure più trascurate della società italiana e non ha avuto paura di denunciare le ipocrisie della Chiesa, del Governo e della borghesia.
Durante la sua vita fu sottoposto a un giudizio continuo e a pubbliche critiche ma non cedette a nessun attacco né scese a compromessi, consolidando così la sua eredità spirituale.
Pasolini iniziò a scrivere poesie in giovane età e continuò a studiare storia dell'arte e letteratura all'Università di Bologna in un periodo in cui il fascismo si diffondeva nel Paese.
Iniziò a superare i confini con il suo primo libro di poesia, pubblicato nel 1942. 'Poesie da Casarsa', scritto nel dialetto friulano parlato dalla madre, costituisce un primo tentativo di opporsi al fascismo in Italia. Benito Mussolini aveva infatti vietato l'uso del dialetto in pubblico nel tentativo di "unire" l'Italia in una lingua italiana “standard”.
Pasolini si risentì per la mancanza di libertà nello scrivere opere critiche sulla piccola borghesia italiana che in seguito, nel film ‘La ricotta’ del 1963, definì "la più ignorante di tutta Europa". Scrisse altresì della classe operaia, la parte della società con cui si identificava meglio.
Nel 1947 Pasolini si iscrisse al Partito Comunista Italiano, e presto divenne il segretario della sezione di Casarsa, da dove fu poi espulso in quanto omosessuale. Per tutta la vita, rimase un marxista e un ateo convinto.
Il 1955 portò a Pasolini il primo successo e la prima grande controversia: il romanzo ‘Ragazzi di vita’, ispirato dai cinque anni da lui vissuti nella Roma del dopoguerra. La Roma che Pasolini condivide è quella degli emarginati, la stessa Roma che più tardi mostrerà nei suoi film neorealisti. Alla pubblicazione del romanzo seguirono forti proteste pubbliche per via dei temi trattati e una pesante censura nelle edizioni successive.
“... scrivere letteratura e fare cinema non si oppongono a vicenda. Anzi, direi addirittura che sono forme comparabili. Il desiderio di esprimermi attraverso il cinema nasce dal mio bisogno di adottare una tecnica nuova che mi rinnovi. Esprime il desiderio di rompere con l'ossessione. La mia passione per il cinema risale a quando ero ragazzo e sono stato influenzato da Chaplin e Dreyer, facevano parte del mio mondo stilistico e ideologico ".
È durante il periodo romano che Pasolini inizia a immergersi nel mondo del cinema collaborando alla scrittura di sceneggiature con altri registi italiani. In particolare ‘La donna del fiume’ di Mario Soldati, ‘Le notti di Cabiria’ di Federico Fellini, ‘Morte di un amico’ di Franco Rossi e ‘La notte brava’ e ‘La giornata balorda’ di Mauro Bolognini. Questi film trattavano una varietà di temi controversi come prostituzione e criminalità e, come risultato, quelli di Bolognini e Rossi in particolare, subirono vari livelli di censura e divieti di distribuzione.
Nel 1959 pubblicò il romanzo ‘Una Vita Violenta’, che divenne l’ispirazione per il suo debutto alla regia nel 1961 con il film ‘Accattone’. L'anno successivo ‘Una Vita Violenta’ fu nuovamente adattato per lo schermo, co-diretto da Paolo Heusch e Brunello Rondi. ‘Accattone’ è considerato uno degli ultimi film classici del neorealismo italiano, o il primo di un nuovo tipo di neorealismo che Pasolini avrebbe sviluppato poi in alcuni dei suoi film più importanti.
Come i classici film neorealisti è caratterizzato da una trama ambientata in massima parte fra le classi disagiate e lavoratrici, presenta lunghe riprese all'aperto e utilizza attori non professionisti. Ma ‘Accattone’ va oltre: mostra la gente vera, che vive in un luogo che nessun turista si sognerebbe mai di visitare, rivela i bassifondi, la malavita della periferia di Roma e il tipo di persone le abitano davvero.
Ha presentato una versione del neorealismo che ha effettivamente rappresentato la disperazione di una classe sociale e l'inizio del genocidio culturale del sottoproletariato urbano. Ha catturato ciò che il neorealismo classico ha solo tentato di rappresentare. Pasolini elaborò questo argomento nel suo articolo, Il mio Accattone in Tv dopo il genocidio, pubblicato sul Corriere della Sera nel 1975. Gli articoli che scrisse per il Corriere della Sera furono poi raccolti nelle ‘Lettere Luterane’.
‘Accattone’ incuriosiva e attraeva il pubblico perché il realismo che il film proponeva era un'esperienza nuova per gli spettatori. Lo stesso sentimento portò a recensioni contrastanti tra i critici che considerarono il realismo eccessivo. L'interesse del pubblico fu suscitato quando sulle locandine del film apparve un avvertimento che vietava l'ingresso ai minori di 18 anni, facendo di ‘Accattone’ il primo film italiano a ricevere la classificazione VM18. Poco dopo la Prima, il film fu ritirato dalle sale cinematografiche di tutta Italia a causa dei suoi contenuti.
Ad ‘Accattone’ seguì il film del 1962 ‘Mamma Roma’. Molto simile al suo predecessore, ‘Mamma Roma’ racconta la storia di gente comune, spesso trascurata, e di quello che una persona si trova a dover fare per poter sopravvivere. Laddove ‘Accattone’ segue i ladri e le prostitute attraverso le loro vita nei bassifondi, ‘Mamma Roma’ esplora il percorso e la lotta necessari a sfuggire e dimenticare quel passato difficile, e il tentativo di innalzarsi e diventare parte della piccola borghesia.
‘Mamma Roma’ ebbe un rapporto complicato con il pubblico e il governo. Fu presentato in anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia del 1962 ma fu immediatamente ritirato a causa delle accuse di oscenità e immoralità, diventando così il primo film ad essere presentato al festival che fu denunciato alla Prima. Le accuse alla fine caddero e un mese dopo il film poté tornare ad essere distribuito. Interessante particolare: ‘Mamma Roma’ non è stato proiettato nelle sale cinematografiche negli Stati Uniti fino agli anni '90.
‘Mamma Roma’ fu immediatamente seguito dal cortometraggio ‘La Ricotta’, il contributo di Pasolini a ‘Ro.Go.Pa.G.’, un film del 1963 che comprendeva quattro episodi e il cui titolo è una sigla che identifica i registi dei quattro segmenti: Rossellini, Godard, Pasolini e Gregoretti. Gli altri cortometraggi includevano ‘Il Nuovo Mondo’ di Jean-Luc Godard, ‘Il Pollo Ruspante’ di Ugo Gregoretti e ‘Illibatezza’ di Roberto Rossellini. ‘La Ricotta’ vede Orson Welles nel ruolo di un regista, una specie di caricatura di Pasolini, che dirige un film sulla crocifissione di Gesù Cristo. Presenta un’aspra critica su come la Chiesa cattolica abbia chiuso un occhio sulle piaghe dei più poveri d'Italia con un tocco satirico.
‘La Ricotta’ fu confiscato alla sua uscita "per aver insultato la religione dello stato" e Pasolini venne condannato a diversi mesi di prigione per vilipendio della religione; la decisione fu poi mitigata da un'amnistia e la pellicola tornò sugli schermi con modifiche del sonoro e alcuni tagli.
Alberto Moravia recensisce La Ricotta su L'Espresso il 3 marzo 1963:
“Dobbiamo premettere che un solo giudizio si attaglia a quest'episodio: geniale. Non vogliamo dire con questo che sia perfetto o che sia bellissimo; ma vi si riscontrano i caratteri della genialità, ossia una certa qualità di vitalità al tempo stesso sorprendente e profonda. [...] L'episodio di Pasolini ha la complessità, nervosità, ricchezza di toni e varietà di livello delle sue poesie; si potrebbe anzi definire un piccolo poema in immagini cinematografiche. Da notarsi l'uso nuovo e attraente del colore alternato al bianco e nero. Orson Welles, nella parte del regista straniero che si lascia intervistare, ha creato con maestria un personaggio indimenticabile.”
Il film successivo di Pasolini fu una rappresentazione meno polarizzante ma critica di un argomento religioso. Il film del 1964, ‘Il Vangelo Secondo Matteo’, fu girato in stile neorealista: Pasolini utilizzò attori non professionisti e comparse scelte tra la locale popolazione contadina, reclutando anche molti della sua cerchia, inclusi intellettuali quali Natalia Ginzburg, Alfonso Gatto ed Enzo Siciliano. Pasolini scelse di dare il ruolo della Madonna anziana a sua madre Susanna.
‘La trama del film segue la narrazione evangelica dall’Annunciazione alla Resurrezione, ma viene consapevolmente affrontata da Pasolini con una tecnica cinematografica in grado di abolire ogni solennità, da lui definita “magmatica”. Si alternano primi piani ripresi col grandangolare a campi sonoro-visivi lunghissimi, con frequenti salti cronologici sottolineati tematicamente dall’uso caotico delle musiche: elementi che, insieme all’ambientazione riconoscibile delle rovine di città dell’Italia del sud, tendono a restituire una dimensione smitizzante delle vicende di Cristo.’
(Da Pier Paolo Pasolini di Serafino Murri, Milano, Il Castoro, «L’Unità/Il Castoro», 1995)
Nonostante il film sia stato oggetto di proteste da parte di gruppi di destra, ricevette elogi dalla Chiesa, il premio OCIC (Office Catholique International du Cinéma), il Premio Speciale della Giuria alla 25ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia (1964) e venne recensito positivamente dalla critica.
Decenni dopo il film era ancora tenuto in grande considerazione. Nel 1995 il Vaticano compilò una lista di "grandi film" in onore del 100° anniversario del cinema. Lo lodarono per "...aver evitato l'artificiosità della maggior parte dei film epici biblici”. “Il regista Pier Paolo Pasolini è completamente fedele al testo mentre impiega l'immaginazione visiva necessaria per la sua interpretazione realistica".
Lo stesso anno in cui uscì ‘Il Vangelo Secondo Matteo’, Pasolini pubblicò un documentario intitolato ‘Comizi d'amore’ in cui il regista si avventurava in giro per l'Italia intervistando giovani e anziani su temi quali sesso, omosessualità, divorzio, sessismo, mascolinità e le nuove leggi sui bordelli. Il documentario fornisce un raro scorcio della mentalità italiana degli anni '60.
Con il suo film successivo ‘Uccellacci e Uccellini’ del 1966, Pasolini iniziò a esplorare una critica, più favolosa e stravagante, del cristianesimo e del marxismo. La giocosità del film e il suo approccio stilistico resero ‘Uccellacci e Uccellini’ l’esatto opposto de ‘lI Vangelo Secondo Matteo’, causando confusione tra i fan di quest'ultimo. Anche se la critica dimostrò di apprezzare il film non ebbe successo commerciale.
Il 1968 vede il ritorno della polemica con ‘Teorema’. Il film veicola alcune convinzioni marxiste ma si concentra principalmente sull'isolamento e la monotonia della vita borghese. È il primo di tre film che esplorano la psicologia della borghesia. Alcuni considerano il film come un'altra allegoria cristiana dove la misteriosa figura del giovane e inaspettato ospite, simile a Cristo, fa sì che questa famiglia borghese metta in discussione tutte le proprie ideologie.
Pasolini disse del film: "Una parte del pubblico è scandalizzata. Lo scandalo e l'ipocrisia sono gli stessi in tutti i paesi. Una parte del pubblico ride per difendersi. L'altra parte del pubblico lo ammira".
Il film vinse il Gran Premio della Giuria alla 29° Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia del 1968 ma fu contemporaneamente condannato dal Vaticano per il suo contenuto. Il governo italiano lo accusò di oscenità ma le accuse furono poi ritirate.
Per chiudere gli anni Sessanta, Pasolini realizzò i film ‘Porcile’ e ‘Medea’.
Il nuovo decennio inaugura una nuova collezione di film basati sulla letteratura medievale, il ‘Decameron’ (1971), ‘I racconti di Canterbury’ (1972) e ‘Il fiore delle Mille e una Notte’ (1974), che costituiscono la ‘Trilogia della vita’.
Nella Trilogia, la ricerca pasoliniana sull’uomo riscattato dall'omologazione del capitalismo e dalla società dei consumi - ricerca iniziata con i giovani sottoproletari delle periferie di Roma, di ‘Accattone’ - si rivolse a un nostalgico passato letterario e storico.
L’utilizzo di opere letterarie e il tono umoristico dei film li rese poco rischiosi e non destarono troppo allarme nelle classi dirigenti. La scelta si rivelò una combinazione perfetta, poiché furono ben accolti dal pubblico e si divennero alcuni dei film di Pasolini di maggior successo commerciale.
L'ultimo film di Pasolini arrivò nel 1975 e fu ‘Salò o le 120 giornate di Sodoma’, primo e unico capitolo di una ‘Trilogia della morte’. Girato solo poche settimane prima della sua scomparsa e uscito tre settimane dopo, Salò rappresenta l'apice dell'esplorazione della psicologia della borghesia. Il film si basa sul romanzo settecentesco del Marchese de Sade, ‘Les 120 journées de Sodome ou l'école du libertinage’ ma Pasolini spostò l'ambientazione originale dal castello medievale dell’inizio del 1700 alla più vicina e controversa Repubblica fascista di Salò del 1940.
Nelle parole dello stesso Pasolini: "La trasposizione si svolge a Salò durante la repubblica fascista nel 1944-45. Tutto il sesso di De Sade, il suo sadomasochismo, ha una funzione chiara e specifica: l'effetto di ciò che il potere fa al corpo umano. La riduzione del corpo umano a merce. La cancellazione della personalità di un'altra persona. Quindi non è solo un film sul potere, ma quello che chiamerei l'anarchia del potere. Perché niente è più anarchico del potere. Il potere fa quello che vuole. E ciò che il potere vuole è completamente arbitrario, o imposto da esigenze economiche che sfuggono alla logica comune. Ma oltre ad essere sull'anarchia del potere, il film parla anche dell'inesistenza della storia. Cioè la storia vista da una cultura eurocentrica - razionalismo ed empirismo occidentale da una parte, marxismo dall'altra - che il film vuole mostrare come inesistente".
Il film fu presentato in anteprima a Parigi il 22 novembre 1975, arrivò nelle sale italiane il 10 gennaio 1976 e scatenò proteste vigorose e lunghe persecuzioni giudiziarie. Nel 1976 fu decretato il sequestro della pellicola, che scomparve dagli schermi prima di essere rimessa in circolazione nel 1978. La censura di Salò da parte di vari comitati cinematografici e governi fu l’ovvia fine di un autore e regista che aveva combattuto proprio contro la censura per tutta la sua carriera.
Molti Paesi vietarono il film, o ne impedirono l'uscita senza tagli, fino agli anni '90 e 2000. Il British Board of Film Censors lo proibì, permettendo solo varie versioni censurate fino al 2000, quando uscì la versione integrale. In Australia, è stato vietato fino al 1993, poi nuovamente proibito nel 1997 finché finalmente ne è stata permessa l’uscita in DVD nel 2010. Non è stato vietato negli Stati Uniti, tra i pochi Paesi a permetterne la proiezione nei cinema.
Il corpo di Pier Paolo Pasolini fu trovato la mattina del 2 novembre 1975 su una spiaggia di Ostia, appena fuori Roma. Si presume sia stato picchiato e poi investito con la sua stessa auto. Un adolescente, Pino Pelosi, fu arrestato e si dichiarò colpevole dell'omicidio. Nel 2005, Pelosi ritirò la sua dichiarazione di colpevolezza, scegliendo di rimanere in silenzio per 30 anni per paura di mettere in pericolo la sua famiglia. Pelosi confessò poi che cinque uomini avessero seguito lui e Pasolini con il fine di colpirli e uccidere il regista. Negli ultimi anni ha preso corpo l’idea che la sua morte possa essere collegata al libro a cui stava lavorando al momento della morte, intitolato ‘Petrolio’. ‘Petrolio’ avrebbe avuto contenuto importanti informazioni sulla misteriosa morte di Enrico Mattei, un funzionario pubblico italiano. Si teorizza anche che la sua morte fosse legata alle opinioni politiche e alla sua omosessualità.
Nonostante la sua scomparsa, Pier Paolo Pasolini non è stato certo dimenticato. Il Museum of Modern Art di New York ha organizzato retrospettive del suo lavoro sia nel 1990 che nel 2012, così come il British Film Institute nel 2013. Nel 2014 Abel Ferrara è uscito nelle sale con il suo ‘Pasolini’, che ne racconta gli ultimi due giorni di vita. Oggi c'è anche un giardino letterario a Ostia, Parco Pier Paolo Pasolini, in sua memoria.
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